Lei è Yasmina Pani, ricercatrice ed insegnante indipendente di letteratura e linguistica. Su YouTube gestisce un seguito canale in cui si occupa con linguaggio competente e colorito di tutti gli aspetti della cultura che si muove intorno alla parola scritta e parlata.
In questo video affronta un argomento (e un altro ne preannuncia) che ha a che fare con il rapporto tra letteratura ed emozioni. Pare che in una discussione da lei sostenuta su un social, si sia confrontata con studenti universitari in Lettere che lamentano l’eccessivo peso dato alle materie “tecniche” (glottologia, critica, filologia) a scapito del “contatto diretto” con la materia letteraria viva, vale a dire le opere. Questo accanimento anatomopatologico andrebbe tutto a scapito – a quanto dicevano i suoi – della riuscita dell’esperienza estetica in quanto tale.
Si sta quindi parlando di e con persone che hanno scelto di aprire la scatola della letteratura e di studiarne il meccanismo in maniera tecnica approfondita. Viene da chiedersi perché lo abbiano fatto. Per provare emozioni più intense? Probabilmente sì. E potrebbero anche avere ragione, per come la penso io. Solo che studiare tecnicamente Anna Karenina, non vuol dire “piangere meglio” per la sua triste fine. Per quello basta leggere il romanzo con attenzione e atteggiamento empatico. Quello che lo studio tecnico permette di fare è capire come caspita ha fatto Tolstoj a costruire la sua trappola e a catturarci per farci piangere in quel modo, o, magari, perché diavolo ci piace tanto “piangere per Ecuba”.
Insomma non si apre un orologio per vedere meglio che ora è, ma perché si vuole capire come fa quell’aggeggio a sapere che ora è pur essendo privo di occhi per vedere il sole e scrutare le stelle. E quando riusciamo a svelare il mistero, ecco che ci pervade un’emozione che non è quella può procurarci sapere che ora del giorno è, anche se in qualche modo è collegata con essa.
La domanda a questo punto è: ma, ammesso che arriviamo a provare questa emozione, cosa ne è della “pura” tristezza che ci pervadeva alla lettura? Si sarà persa per sempre, evaporata al momento in cui abbiamo “tolto il coperchio” all’opera? Ovviamente no; ciò che accadrà quando leggeremo un romanzo che “fa al caso nostro” è che sentiremo dapprima quella intensa emozione che si accompagna ad una esperienza estetica ben riuscita – niente a che vedere con quella sensazione epidermica legata al semplice contatto con il piacevole – e da questa nascerà l’irresistibile impulso a capire cosa sta succedendo in quelle pagine. Per chi sente questa esigenza è il momento di iniziare nell’opera un secondo viaggio, un percorso al termine del quale troverà ad aspettarlo qualche aspetto di se stesso che magari fino a quel momento non aveva ancora percepito.
E il secondo argomento su letteratura ed emozioni? Riguarda invece i lettori “qualsiasi”. Io lo aspetto; magari ne parliamo.
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